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IAA: Interventi Assistiti con gli Animali

Le proprietà terapeutiche attribuite agli animali hanno origini molto antiche.

Già nell’era preclassica era presente il culto animista, cioè pratiche religiose in cui venivano attribuite caratteristiche divine o sovrannaturali ad esseri materiali, fra cui gli animali; questa pratica è riscontrabile attraverso le raffigurazioni dell’epoca dove le divinità erano rappresentate con parti del corpo di animali oppure affiancati ad essi.

Il Dio babilonese Marduk era raffigurato con metà corpo di drago e metà di serpente e veniva celebrato come Dio della saggezza, del consiglio e della guarigione.

Per gli egizi, invece, il Dio Anubi, raffigurato con la testa di cane, era il Dio dei defunti ed aveva il compito di accompagnare le anime dei morti nell’oltretomba dove avveniva la pesatura del cuore per decidere se l’anima poteva entrare nel mondo dei morti.

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Nell’Antica Grecia il Dio della medicina e delle guarigioni Esculapio aveva il potere di trasformarsi in serpente o in cane; le persone ammalate si recavano al tempio a lui dedicato ed entrando in uno stato di trance potevano incontrare la divinità che leccava le ferite o le parti sofferenti, guarendole; all’interno del tempio erano sempre presenti numerosi cani che avvicinandosi alla persona malata portavano sollievo.

All’inizio del Cristianesimo permasero rappresentazioni animali affiancate ai Santi, ed anche in questo caso possiamo avere numerosi esempi: per San Francesco tutti gli animali meritavano il rispetto dell’uomo, ed era definito come colui che riusciva a comunicare con gli esseri animali (famoso è l’episodio del lupo che terrorizzava la città di Gubbio; Francesco riuscì a comunicare con lui frenando la sua ira e facendo tornare la pace in paese); altro esempio è senz’altro Sant’Antonio da Padova, ritenuto oggi il protettore degli animali domestici.

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Il fattore benefico apportato all’uomo dall’animale perde poi significato durante il Medioevo, periodo in cui gli animali vennero associati a figure demoniache; questo pensiero rimase presente fino alla fine del Cinquecento, quando ritorna alla luce il potere di guarigione degli animali; tale evento può essere riscontrato nell’opera di William Harrison dove l’autore racconta come i cani di razza “Spaniel” fossero particolarmente indicati come terapie contro i mali allo stomaco.

Gli animali come mezzo educativo e terapeutico

La percezione dell’animale cambiò radicalmente durante l’Illuminismo, quando l’animale veniva considerato “oggetto affettivo”; il filosofo inglese John Locke suggeriva di affidare cani, scoiattoli ed uccelli ai bambini, e di rimproverarli nel caso in cui non ne avessero cura e facessero atti crudeli verso di loro; insomma, per Locke la cura degli animali era parte integrante dell’educazione dei bambini con lo scopo di sviluppare sentimenti positivi ed empatia.

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Nello stesso periodo in diverse parti d’Europa iniziò a diffondersi la pratica di introdurre gli animali da compagnia e da cortile nelle case di cura per disagio mentale; la prima testimonianza ha sede presso lo York Retreat Hospital in Inghilterra, dove fu attuato un progetto che prevedeva l’utilizzo di metodi più umani per il trattamento dei pazienti: era infatti prevista l’eliminazione della contenzione, l’utilizzo dei propri abiti e l’introduzione di una terapia occupazionale che prevedeva la cura delle piante e degli animali da cortile presenti nella struttura.

I benefici apportati dagli animali ai malati furono riconosciuti anche da Florence Nightingale, madre dell’infermieristica, che in un suo scritto afferma che un piccolo animale fornisce compagnia eccellente per i malati, specialmente se affetti da patologie croniche. Tutto ciò però decadde tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, periodo in cui l’avvento della medicina portò alla formazione di ambienti sterili dedicati alle cure dei malati e quindi gli animali vennero banditi, perché ritenuti un pericolo per la salute pubblica.

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Eppure, sempre in questo periodo, gli animali furono oggetto di molte teorie psicoanalitiche sull’origine delle malattie mentali; Sigmund Freud per esempio identificò i bambini simili agli animali, governati cioè da istinti interni sulla base di funzioni biologiche di base; secondo Freud la malattia mentale si instaurava nel momento in cui questi “impulsi animali” repressi non trovavano nessuna via d’uscita sana; per Freud lo scopo della psicanalisi era portare alla luce questi “abitanti della mente” e neutralizzarli; Freud era un grande amante dei cani e molto spesso durante le sue sedute di psicoterapia aveva la compagnia di uno dei suoi Chow Chow, Jofi; fu così che egli si accorse dell’effetto calmante che il cane aveva verso i suoi pazienti.

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Inoltre, Freud riteneva che Jofi fosse perfettamente in grado di comprendere lo stato emozionale dei pazienti, pertanto riusciva ad individuare questo stato proprio grazie a Jofi ed ai suoi comportamenti. Con la fine del conflitto mondiale si ebbero numerosi reduci con disturbi psichici; nel tentativo di portare loro sollievo, in Francia e successivamente negli Stati Uniti furono impiegati animali a scopo assistenziale; i pazienti, prendendosi cura di loro, riuscirono a ritrovare un clima di serenità ed affetto che suscitò molto entusiasmo nel personale medico.

La nascita della Pet Therapy

Nel 1953 il neuropsichiatra infantile Boris Levinson aveva in cura un bambino affetto da una grave forma di autismo per il quale qualsiasi tipo di intervento era parso vano; un giorno però i genitori accompagnarono il figlio alla seduta in anticipo rispetto all’appuntamento stabilito; in quel momento lo psichiatra era impegnato nella stesura di uno scritto e fece accomodare la famiglia nello studio dimenticandosi però di far uscire il proprio Cocker, Jingles; appena l’animale vide il bambino si diresse subito verso di lui e cominciò a leccarlo; il piccolo non mostrò alcun timore verso il cane ed iniziò a toccarlo dolcemente; alla fine dell’incontro il bambino manifestò il forte desiderio di tornare nello studio di Levinson per poter nuovamente giocare con Jingles; negli incontri successivi grazie alla presenza del cane lo psichiatra riuscì a stabilire un rapporto con il piccolo; la presenza dell’animale gli permise di comunicare in maniera indiretta proiettando su di lui le proprie emozioni che altrimenti sarebbero state inesprimibili.

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Dopo questo avvenimento, Levinson iniziò ad utilizzare nelle sue sedute gli animali da compagnia, cani o gatti a seconda del paziente che aveva di fronte, sviluppando così la teoria della “Pet oriented child psycotherapy”, basata sull’idea che il bambino si identificasse con l’animale che permetteva così di fare da tramite. Lo psichiatra dimostrò che la relazione tra esseri appartenenti a specie diverse poteva avere effetti curativi utilizzando per la prima volta nella storia la denominazione “Pet therapy”. Nella metà degli anni Sessanta due psichiatri americani iniziarono ad applicare la pet therapy a pazienti adulti con problemi psichici o ad anziani ricoverati in strutture geriatriche; indagarono poi sulle reazioni psico-biologiche del cane durante la terapia, dimostrando che gli animali si rapportano all’uomo senza pregiudizi e la loro dipendenza da essi gli permette di instaurare un sentimento di protezione nei suoi confronti.

Questi studiosi si resero conto di come i pazienti studiassero tutti i movimenti degli animali ed in un secondo momento si prendevano cura di loro per molto tempo; successivamente introdussero i cani direttamente nelle stanze dei pazienti; nel progetto furono coinvolte varie razze canine con diverse caratteristiche: il Fox Terrier a pelo duro, dotato di grande temperamento, il Beagle, energico e socievole, il Border Collie, intelligente ed instancabile, il Labrador Retriever, giocoso ed espansivo, il Siberian Husky, indipendente e gioviale ed il Pastore Tedesco, equilibrato e attivo; gli psichiatri notarono così che nel corso della terapia i diversi pazienti preferivano un cane piuttosto che un altro e compresero che l’animale provocava su di essi un’attrazione; queste relazioni vennero registrate da videocamere i cui filmati vennero successivamente esaminati permettendo di acquisire informazioni sul vissuto del malato che sarebbero rimaste altrimenti sconosciute.

Gli effetti furono sorprendenti; i due studiosi riuscirono così a dimostrare che l’introduzione dell’animale era in grado di modificare qualsiasi tipo di contesto, poiché riduceva le emozioni negative; contemporaneamente negli Stati Uniti si ebbero i primi interventi di pet therapy nei manicomi criminali e nelle carceri. Nel 1977 degli studiosi statunitensi iniziarono a studiare l’applicazione della pet therapy su pazienti con problemi cardiovascolari; ne risultò che le persone colpite da infarto e possessori di un cane avevano più alte probabilità di sopravvivenza, perché la relazione con il proprio cane provocava una riduzione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca attraverso i giochi e le carezze.

I benefici della pet therapy

Numerose evidenze scientifiche dimostrano le potenzialità dell’impiego degli animali come strumento di cura, in particolare negli ospedali e nelle case di riposo per anziani, strutture in cui le persone sono separate dall’affetto e dal supporto dei propri cari; la presenza di un animale agisce come un “rompighiaccio”, offre argomenti di conversazione e, in ultima analisi, stimola la comunicazione e le relazioni sociali.

Anche nel caso di persone affette da disturbi dello spettro autistico, che presentano difficoltà a comunicare e interagire con gli altri, l’introduzione di animali nelle sedute terapeutiche ha avuto effetti incoraggianti: rapido miglioramento del livello di attenzione e della frequenza delle interazioni sociali, sia verbali sia non verbali, e riduzione delle stereotipie comportamentali, cioè di quei movimenti ripetuti senza apparente scopo che spesso caratterizzano il disturbo.

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La capacità degli animali di rappresentare un “ponte”, di favorire le relazioni sociali umane, ha implicazioni pratiche non solo nei percorsi di cura ma anche in ambiti educativi: diversi interventi per la promozione del rapporto bambino-animale effettuati con l’aiuto degli animali da compagnia, soprattutto dei cani, hanno mostrato la loro efficacia nel contrastare alcuni problemi comportamentali quali, ad esempio, difficoltà di apprendimento, spesso dovute a deficit di attenzione, ed episodi di aggressività; inoltre hanno evidenziato il ruolo prezioso che gli animali possono svolgere per facilitare l’integrazione sociale nell’ambiente scolastico, risultato particolarmente importante per i bambini e gli adolescenti con patologie caratterizzate da ritardo nello sviluppo.

Numerose evidenze scientifiche, inoltre, dimostrano come crescere con un animale influisca positivamente sullo sviluppo della personalità dei bambini, aumentando l’autostima, la fiducia in se stessi e migliorando l’empatia (vale a dire, la capacità di comprendere lo stato d’animo degli altri) e il senso di responsabilità; infatti, la relazione che si stabilisce con l’animale e il rapporto con esso, soprattutto durante il gioco, possono contribuire a favorire, nel bambino, i comportamenti sociali facilitando, così, le modalità di approccio e di interazione tanto con gli altri bambini che con gli adulti.

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I meccanismi alla base degli effetti descritti sono ancora in fase di studio; è noto che la sola presenza di un animale durante situazioni percepite come stressanti (per esempio, leggere ad alta voce davanti ad altre persone) riduca i livelli di ansia, la pressione sanguigna e il battito cardiaco; studi scientifici hanno dimostrato come il contatto fisico con un animale induca una riduzione, nel sangue, dei livelli degli ormoni responsabili della risposta allo stress (cortisolo) e, parallelamente, induca un aumento delle quantità di ormoni e neurotrasmettitori in grado di determinare emozioni positive (endorfine e dopamina) e di ridurre l’ansia e lo stress.

Gli IAA oggi

In Italia il termine “pet therapy” è stato recentemente sostituito con quello più appropriato di “Interventi Assistiti con gli Animali” (IAA), che consente di distinguere tra diverse tipologie di approcci:

  • Attività ludico-ricreative (attività assistita con gli animali, AAA): si tratta di interventi con finalità di tipo ludico-ricreativo e di socializzazione, per migliorare la qualità della vita e la corretta interazione uomo-animale al fine del reciproco benessere
  • Attività educative (educazione assistita con gli animali, EAA): si tratta di interventi di tipo educativo che hanno il fine di promuovere, attivare e sostenere le risorse e le potenzialità di crescita e progettualità individuale, di relazione ed inserimento sociale delle persone in difficoltà
  • Attività terapeutiche (terapia assistite con gli animali, TAA): si tratta di interventi che richiedono di apposita prescrizione medica, finalizzati alla cura di disturbi della sfera fisica, neuro e psicomotoria, cognitiva, emotiva e relazionale, rivolto a soggetti con patologie fisiche, psichiche, sensoriali o plurime, di qualunque origine.

Per quanto riguarda l’operatività, le “Linee Guida Nazionali per gli Interventi Assistiti con gli Animali”, approvate in conferenza stato-regioni nel marzo 2015, oltre a definire standard operativi per la corretta e uniforme applicazione degli IAA su tutto il territorio nazionale, individuano anche, specificandoli, i percorsi formativi da seguire per acquisire le competenze necessarie per lavorare nell’ambito degli IAA.

La formazione dell’équipe

Non ultimo, le linee guida forniscono indicazioni molto precise e specifiche inerenti ai compiti e alle responsabilità delle diverse figure professionali e degli operatori che compongono l’équipe multidisciplinare coinvolta in questo tipo di iniziative (veterinari, medici, psicologi, educatori, educatori cinofili, etologi); infatti gli IAA non possono essere svolti “da soli”.

Il termine “équipe multidisciplinare” indica un insieme di persone, appartenenti a diverse figure professionali, che lavorano insieme su un unico progetto; nello specifico tali figure professionali sono le seguenti:

  • Coadiutore dell’animale (sempre presente in ogni incontro): prende in carico l’animale durante le sedute; è responsabile della corretta gestione dell’animale ai fini dell’interazione; inoltre, monitora costantemente lo stato di salute e benessere dell’animale; negli IAA ci sono vari tipi di Coadiutori: del cavallo, dell’asino, del cane, del gatto e del coniglio
  • Referente di intervento (sempre presente in ogni incontro): prende in carico la persona durante la seduta ed interviene in maniera mirata e professionale ai fini del raggiungimento degli obiettivi del progetto
  • Responsabile delle attività (nel caso di attività ludico ricreative)
  • Responsabile di progetto (nel caso di attività educative o terapeutiche)
  • Medico Veterinario esperto in IAA: collabora nella scelta dell’animale più adatto a seconda del tipo di intervento, e ne valuta i requisiti sanitari e comportamentali.

I diritti dell’animale negli IAA

L’impiego negli IAA rappresenta per gli animali un lavoro che può essere fonte di stress; pertanto è necessario salvaguardare e monitorare la loro condizione di benessere sia durante le sedute di trattamento che nei periodi di inattività, attraverso visite cliniche e comportamentali, durante le quali deve essere registrato qualsiasi cambiamento fisico, fisiologico e/o comportamentale; il monitoraggio dello stato di benessere può essere realizzato anche attraverso il rilievo di indicatori dello stress scientificamente validati (cortisolo).

Al fine di questo importante monitoraggio, per ogni animale deve essere redatta una scheda di registrazione degli interventi svolti, da allegare alla cartella clinica; questa scheda descrive il tipo di intervento, i dati identificativi del coadiutore dell’animale e del medico veterinario dell’équipe, la sede dell’intervento, data, ora e durata dell’intervento, il numero di fruitori e le attività svolte; la puntuale compilazione della scheda è compito del coadiutore, mentre spetta al medico veterinario effettuare la verifica della sua corretta compilazione nonché del rispetto delle modalità di esecuzione dell’intervento affinché sia garantita la tutela degli animali.

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Il medico veterinario, sulla base del monitoraggio dello stato di salute e di benessere psicofisico dell’animale, definisce la frequenza massima delle sedute, le modalità e i tempi di impiego di ogni animale per seduta. Il medico veterinario o il coadiutore dell’animale, in caso di necessità, devono disporre l’interruzione dell’intervento.

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